Il centrodestra, o come lo definisce Stefano Folli su Repubblica, il “destra-centro”, ha stravinto come da aspettative le elezioni regionali in Lazio e Lombardia. Due elementi balzano subito agli occhi: il risultato straordinario di Fratelli d’Italia e la bassissima affluenza.
L’exploit di Fratelli d’Italia
Continua la luna di miele tra il partito del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e gli elettori: FdI risulta la compagine più votata sia in Lombardia (dove è passata da un modesto 3,6% delle regionali del 2018 a un 25,2% in linea con i risultati delle politiche di settembre scorso), sia nel Lazio (dove è passata dal 10% al 33,6%: in pratica un elettore su tre fra coloro che si sono recati alle urne ha votato il partito di Meloni). Gli alleati di FdI non sono andati benissimo, ma neanche malissimo: una via di mezzo che evita troppi scossoni a una coalizione messa a dura prova da vari pasticci (ad esempio quello sulle accise della benzina), non ultimo le dichiarazioni di Berlusconi su Zelensky e la guerra in Ucraina rilasciate domenica in occasione del voto.
Attilio Fontana resta dunque presidente della Regione Lombardia col 54,7% dei consensi, staccando di oltre venti punti il candidato del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle Pierfrancesco Majorino, fermo al 33,9%. In particolare, il Pd ha ottenuto il 21,8% dei voti, mentre il M5S non è andato oltre il 3,9%.
Francesco Rocca, 57enne ex dirigente della Croce Rossa, è invece il nuovo presidente della Regione Lazio. Anche Rocca, con il 53,9% dei consensi, ha distanziato gli avversari di oltre venti punti percentuali: l’assessore alla Sanità uscente Alessio D’Amato del Pd ha ottenuto il 33,5% dei voti, mentre la candidata del M5S (nel Lazio Pd e M5S correvano separati) ha preso poco più del 10%. Come partito, il Pd è stato votato dal 20,2% degli elettori, mentre il M5S dall’8,5%.
La vicenda giudiziaria che ha coinvolto Rocca negli anni ’80, quando era poco più che maggiorenne, non sembra aver inciso sulla sua corsa alla presidenza della regione. Come si legge nella sentenza che lo ha condannato a tre anni di reclusione, Rocca ha ammesso di essersi interessato su richiesta di una banda di nigeriani “per reperire un acquirente per quantitativi consistenti di eroina”. Ma, come Rocca stesso ha ripetuto più e più volte nei comizi e nelle interviste, questa circostanza ha rappresentato per lui un’occasione di riscatto. Si è avvicinato al volontariato, ha conseguito una laurea in giurisprudenza, ha scalato posizioni nel mondo della sanità diventando direttore generale dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, e infine approdando alla guida della Croce Rossa come presidente nazionale, carica lasciata lo scorso 29 dicembre.
Il crollo dell’affluenza
Veniamo al secondo elemento che ha caratterizzato le elezioni appena concluse. In Lombardia l’affluenza è stata del 41,6% contro il 73,1% delle regionali del 2018 (31,5 punti percentuali in meno), mentre nel Lazio il dato è stato del 37,2% contro il 66,5% delle regionali del 2018 (29,3% punti percentuali in meno).
È difficile fare paragoni con la tornata elettorale precedente, in cui il voto avveniva in un solo giorno ed era accorpato con le politiche, ma certamente il dato così basso di domenica e lunedì rappresenta l’ennesimo vulnus alla democrazia italiana. Già le elezioni nazionali del 25 settembre 2022 erano state caratterizzate da una forte astensione (63,95% contro il 72,9% di quelle del 2018); con le regionali di Lombardia e Lazio, le due regioni più popolate e più rilevanti sotto il profilo politico ed economico del paese, la situazione è precipitata.
Cosa ha provocato il peggior risultato della storia della Repubblica sotto il profilo dell’affluenza? Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha commentato: “Quando i cittadini non vanno a votare è un dato preoccupante. Si era già votato a settembre, non tutti stanno dietro alla politica come i parlamentari o i giornalisti. Forse bisognerebbe concentrare le date elettorali.” Se i cittadini disertano le urne, o per dirla con le parole del senatore “non stanno dietro alla politica”, davvero è perché due elezioni in cinque mesi sono troppe?
Anche Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria del Pd, riconosce che “L’astensionismo in Lazio e Lombardia è un bel problema”. E continua: “Penso che occorra darsi da fare per recuperare il valore del confronto e della partecipazione”. Dopo la batosta di settembre, sarebbe stata auspicabile una reazione rapida e decisa per costruire una vera opposizione alla maggioranza e svolgere così quel ruolo fondamentale di controllo e monitoraggio dell’attività di governo; invece il Pd è ancora impegnato nella ricerca di un nuovo segretario, e soprattutto di una nuova identità. Inoltre, i disastrosi risultati delle regionali ottenuti dalle varie opposizioni, dovuti anche alle spaccature interne e all’incapacità (o alla mancata volontà) di allearsi, sembrano certificare un’ormai profonda rottura tra un grande numero di elettori di area progressista e la politica.
La partecipazione è crollata sotto ogni aspetto, non solo dal punto di vista politico, ma anche sociale, associativo, sindacale. Crollano le iscrizioni ai partiti, nonché le presenze ai comizi e agli eventi come congressi e primarie. L’attività politica sembra ormai qualcosa che non riguarda più la comunità, ossia tutti noi, bensì solo piccoli gruppi; inoltre, l’assenza di un ampio sostegno popolare testimonia il distacco di questi stessi gruppi dalla realtà quotidiana dei cittadini. Gli elettori non vanno più a votare non perché due elezioni in cinque mesi siano troppe, ma perché i discorsi e le soluzioni dei politici vengono percepiti come lontani dai problemi concreti della gente, perché dopo averle provate un po’ tutte (dal 2018 si sono succeduti i governi del M5S e Lega, del M5S e Pd, l’esecutivo Draghi col sostegno di tutti i maggiori partiti tranne Fratelli d’Italia, fino all’attuale governo a guida proprio FdI insieme a Lega e Forza Italia), ormai, specialmente a sinistra, sembra prevalere il “Tanto non cambia nulla”.
La percezione che votare non serva a niente è uno dei pericoli più grandi per una democrazia. Se da una parte è vero che la politica non sempre sa offrire risposte a molti dei problemi dei cittadini, lavoro, sanità, scuola e così via, dall’altra è necessario sottolineare come dovrebbe essere considerato un dovere quello di informarsi e di acquisire consapevolezza rispetto alle varie opzioni politiche al fine di poter scegliere in modo informato (e quindi libero) la proposta che si ritiene migliore. E, nel caso non si ravvisassero alternative valide, la risposta non è certo diminuire la partecipazione, bensì aumentarla. Costa impegno e fatica: ma ne va del futuro della nostra democrazia.