Molti utenti del social si sono svegliati con questo hashtag in tendenza dopo l’ultimatum imposto dal nuovo proprietario ai suoi dipendenti.
Ventiquattro ore di tempo per una decisione niente affatto facile: restare e “dare tutto, lavorare da irriducibili scordandosi bonus e promozioni”, oppure andarsene. Questo è l’ultimatum che Elon Musk ha lanciato ai dipendenti del social network di cui è diventato proprietario da poche settimane. Settimane nelle quali non sono mancate le polemiche, create soprattutto dall’eccentrico miliardario.
E se qualcuno spiega le polemiche chiamando in causa proprio la personalità esuberante di Musk, altri adottano un’ottica ben più concreta: dopo aver sborsato 44 miliardi di dollari per diventarne proprietario e aver promesso che Twitter sarebbe diventato “una macchina da soldi”, il tycoon si sarebbe reso conto che l’impresa non è facile come sembra e le starebbe tentando tutte per rimettere i conti del social sui binari giusti. Uno dei sistemi sarebbe proprio quello di generare una polemica dopo l’altra e far crescere le interazioni, ma è una strategia che molti giudicano di breve respiro.
L’ultima trovata di Musk è stato imporre questo “patto” ai dipendenti, definito da chi l’ha ricevuto un “pugno nello stomaco”. Gli effetti sarebbero stati contrari alle previsioni: molti lavoratori, un numero ben superiore alle attese, avrebbe deciso di non stare al gioco e si sarebbe licenziato. “Entrare in questa compagnia era stata una delle decisioni più facili che avessi mai preso. Oggi lo è andarsene”, ha dichiarato un (ormai ex) dipendente. Le dimissioni di massa stanno mettendo a rischio l’esistenza stessa della piattaforma che ovviamente non va avanti da sola, ma grazie al lavoro quotidiano di decine di ingegneri, programmatori e altri tecnici.
Si prospetterebbe dunque il rischio di gravi falle nella sicurezza, ma non solo: avrebbero scelto di dire “bye bye” anche molte delle persone impegnate nella moderazione dei contenuti e nella ricerca e messa al bando dei profili fake che diffondono notizie non verificate. Gli utenti hanno notato un aumento dei contenuti spam, nonché di espressioni ingiuriose e violente che fino a qualche giorno non venivano tollerate e venivano bloccate o cancellate rapidamente. #RIPTwitter è velocemente entrato in tendenza, tra le dichiarazioni deluse di molti fruitori che in questi anni hanno creato delle piccole comunità e che adesso si stanno dando appuntamento per migrare su altri social, come ad esempio Mastodon.
Vedremo se anche stavolta Musk, che su Twitter ormai viene apostrofato come “il miliardario svalutato” e “bankruptcy baby”, farà marcia indietro, come già accaduto a fine ottobre. Anche in quel caso il tycoon aveva fatto spedire una valanga di lettere di licenziamento, per poi rendersi conto che senza le professionalità che stava cacciando il social non sarebbe rimasto in piedi.
Oggi la situazione appare più seria, in particolare perché il nuovo boss dà l’impressione di non sapere più che pesci prendere. La mossa di mettere a pagamento (8 dollari al mese) la “spunta blu”, ossia il bollino che certifica l’ufficialità di un dato account, ha avuto l’indesiderato effetto di far nascere e moltiplicare profili che di ufficiale hanno ben poco: esaminando le loro interazioni, gli analisti si sono infatti accorti che si tratta in larga parte di bot, account automatizzati che hanno lo scopo di diffondere notizie di dubbia veridicità o spam.
Inoltre, sul fronte dei conti, la mole delle dimissioni arrivate sulla scrivania di Musk rappresenta un ulteriore problema: i dipendenti che lasciano hanno infatti diritto a un trattamento di fine rapporto pari a tre mensilità che, messe tutte insieme, pesano non poco sul bilancio. Un’altra tegola è rappresentata dalla fuga di alcuni grandi inserzionisti che avrebbero scelto di limitare gli investimenti sulla piattaforma, che al momento non sembra in grado di offrire la stabilità e la sicurezza dei contenuti richieste.
Domenica 20 novembre comincia il Mondiale di calcio in Qatar, uno di quegli eventi internazionali che ogni testata e ogni social network avrà tutto l’interesse a coprire, dati gli enormi flussi di interazioni previste: potrebbe dunque essere il pallone a salvare Twitter, dando una boccata d’ossigeno ai suoi conti affannati e al suo proprietario. Ma tra i più pessimisti c’è chi si domanda se, al momento del fischio d’inizio, il social dell’uccellino blu esisterà ancora.