Luigi Pareyson (1918-1991) è stato uno dei maggiori filosofi italiani del XX secolo, autore di importanti opere che costituiscono ancora oggi un punto di riferimento fondamentale per la comprensione del pensiero ermeneutico ed esistenziale del Novecento.
Attraverso l’ermeneutica del mito cristiano, Pareyson elabora un’ontologia radicata nel concetto di libertà. Il problema del rapporto tra la libertà e la sua negazione, definito da Pareyson come il problema fondamentale, è dunque una delle chiavi d’accesso privilegiate per comprendere gli snodi concettuali più importanti del pensiero pareysoniano.
La libertà propria dell’uomo si esplica nel dramma che consiste nell’essere-in-situazione. L’uomo è gettato in un mondo che ne limita la libertà, frustrandone continuamente la pretesa di autodeterminarsi incondizionatamente. Di fronte all’inevitabile impotenza che configura l’umano si aprono due vie: ci si arrende alla condizione di essere-in-situazione, oppure ci si ribella a essa. Eppure, Pareyson rintraccia una terza strada, consistente in una peculiare disposizione che orienta l’uomo verso l’Essere, come possibilità sempre aperta di scegliere il proprio esser-scelto. Ci si abbandona alla propria finitudine, e in tale abbandono ci si appropria della comprensione più autentica del proprio Sé, riscoprendosi investiti dalla libertà.
Lungo questa direzione si sviluppa il pensiero tragico di Pareyson, in quanto la scelta e il dubbio, termini intrinseci alla libertà, sono accompagnati sempre da angoscia, possibilità del male, sofferenza: «L’unica categoria che in questo caso possa caratterizzare, possa rappresentare una visione, una concezione della realtà è il pensiero tragico». Così, diviene l’ambiguità la parola chiave per una comprensione adeguata dell’esistenza. L’elemento tragico che contraddistingue la condizione umana è l’epifenomeno dell’ambiguità propria della libertà, la quale, lungi dal condannare l’uomo alla propria miseria, ne consente l’autentica redenzione: «Bisogna riconoscere che la libertà vera e profonda suscita nell’uomo un senso di disagio e di timore, come con inarrivabile perspicacia ha dimostrato Dostoevskij nella Leggenda del Grande Inquisitore, rappresentando gli uomini come incapaci di sopportare il terribile peso della libertà che il Cristo ha donato all’umanità. Il fatto è che la libertà del Cristo è come quella dei demoni: illimitata». L’uomo è così chiamato alla radicale responsabilità della scelta, e spetta solo a lui resistere al peso che la libertà porta con sé.