Le strategie fiscali del colosso di Cupertino sono sintomatiche di un sistema economico-finanziario che favorisce la concentrazione di enormi ricchezze a discapito della comunità.
Apple è la più grande società al mondo per capitalizzazione di borsa. Nel 2015 teneva all’estero una montagna di denaro e titoli per ridurre l’imposizione fiscale a tal punto da rasentare l’evasione. Secondo un accordo con l’Irlanda risalente al 1991, due filiali irlandesi della multinazionale statunitense ricevevano un trattamento fiscale alquanto privilegiato. Questo è il meccanismo così come magistralmente ricostruito da Mariana Mazzucato nel suo libro “Il valore di tutto, chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale”, editore La Terza.
«Le filiali erano Apple Sales International (ASI), che registrava tutti i profitti derivanti dalla vendita di iPhone e altri dispositivi Apple in Europa, Medio Oriente, Africa e India; e Apple Operations Europe, che produceva computer. Apple trasferiva i diritti di sviluppo dei suoi prodotti ad ASI a un prezzo simbolico, privando in questo modo i contribuenti statunitensi degli introiti derivanti dalle tecnologie incorporate nei prodotti Apple, il cui sviluppo era stato finanziato inizialmente da quegli stessi contribuenti. La Commissione Europea stabilì che l’aliquota massima sui profitti registrati in Irlanda equivaleva all’1%, ma che nel 2014 Apple aveva pagato tasse allo 0,005%. L’aliquota normale sui redditi delle società in Irlanda è del 12,5%. Quasi tutti i profitti delle filiali erano destinati alle “sedi centrali”, che esistevano solo sulla carta. La Commissione ordinò ad Apple di pagare le tasse arretrate sulla base del fatto che l’accordo dell’Irlanda con Apple costituiva aiuto di stato illegale (supporto del governo che concede a società vantaggi rispetto ai suoi concorrenti); a nessun’altra azienda l’Irlanda aveva offerto simili condizioni. L’Irlanda, sostenne la Commissione, aveva offerto ad Apple tasse estremamente basse in cambio della creazione di posti di lavoro in altre affiliate Apple presenti sul territorio. Apple e l’Irlanda rifiutarono la richiesta. Non solo Apple ha estratto valore dai contribuenti irlandesi, ma il governo irlandese ha estratto valore ai contribuenti statunitensi. In che modo? Apple ha sviluppato la sua proprietà intellettuale in California, dove ha sede il suo quartier generale. Infatti, come ho già sostenuto nel mio libro precedente, “Lo Stato innovatore”, e come spiego brevemente nel capitolo 7, tutta la tecnologia che rende gli smartphone “smart” è stata finanziata dal governo.» Il debito pubblico della California sarebbe stato ridotto in misura significativa se Apple avesse interamente e accuratamente segnalato i suoi ricavi.
E ancora: «È chiaro che le complesse strutture fiscali di Apple furono progettate principalmente per estrarre il massimo valore dal business, evitando di pagare ingenti tasse che avrebbero reso beneficio alle comunità in cui l’azienda operava. Apple crea valore, su questo non c’è dubbio: ma ignorare il supporto che i contribuenti le hanno dato, e successivamente porre stati e paesi gli uni contro gli altri, non è di certo il modo per costruire un’economia innovativa o per raggiungere una crescita inclusiva, a vantaggio di un’ampia sezione della popolazione, e non solo di quelli più capaci di “aggirare” il sistema.»
Inoltre: «Molte società del genere usano i loro profitti per alzare il prezzo delle azioni a breve termine invece che reinvestirli nella produzione a lungo termine. Il modo principale in cui lo fanno è usando la loro liquidità per ricomprare azioni proprie, sostenendo di farlo per massimizzare il “valore” per gli azionisti (il reddito ottenuto dagli azionisti della società, derivante dall’aumento della sua quotazione in borsa). Ma non è un caso che fra i principali beneficiari dell’acquisto di azioni proprie ci siano i manager, la cui remunerazione comprende generosi pacchetti di stock options – gli stessi manager che implementano il programma di acquisto delle azioni. Nel 2012, per esempio, Apple ha annunciato un programma di acquisto azioni fino al valore sconcertante di 100 miliardi di dollari, in parte per tenere a bada azionisti “attivisti” che pretendevano che la società distribuisse più dividendi. Piuttosto che reinvestire i profitti, Apple preferì trasferire liquidità agli azionisti.»
Questi sono i meccanismi che producono un tasso di rendimento delle attività finanziarie molto più alto di ogni possibile investimento in produzione. Senza politiche in grado di fermare queste condotte, ogni ragionamento su una possibile ripresa dell’area Euro-Atlantica è semplicemente ridicolo. In più il meccanismo qui descritto produce anche un’immensa concentrazione della ricchezza. Sarebbe utile ricordare che la ricchezza è sempre il frutto della divisione sociale del lavoro, e che senza i contributi pubblici il touch screen dei nostri telefonini non sarebbe mai nato.